Nitemare Hippy Blog - L'essenza, come minimo ~ by Dubh ~ <$BlogRSDUrl$>

Nitemare Hippy Girl.

L'essenza, come minimo.

tisdag, mars 07, 2006

Trasloco.
Come una metropolitana che si rispetti prendo i miei scatoloni e trasloco ancora,
ma questa è la volta definitiva.
O rimango lì o vuol dire che bloggherò sotto i ponti. Aggiornate i vostri bookmarks:
http://www.instanthuman.org/blog/
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fredag, mars 03, 2006

Carrellate di immagini allucinate.
Il Mentelocale poco luminoso e molto alcolico.
La trasparenza.
"Vedi, se spezzi queste coppette il vetro, che prima era così bello e pulito, può tagliare. Ora fai finta che io sia questa coppetta..."
La fiammella nell'iride è tragicomica. Il futuro mi guarda perplesso, e io ricambio lo sguardo.
Dirti che sei completamente folle e arruffarti i capelli.
Va bene così.

Oh why the hell should I stay awake?
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onsdag, mars 01, 2006

C'è un tipo particolare di donna che in città si incontra difficilmente: quella della serie C.C.P.T., ovvero Cucina di Campagna Presine Teiera. Solitamente il suo identikit è questo: occhi chiari, capelli scuri di lunghezza media perennemente raccolti se non prima di andare a dormire, vestiti di pile, lana o cotone, un sorriso per tutti. Nei suoi occhi c'è il riflesso di una cucina di campagna sempre calda ed accogliente; ha le guance riscaldate dal vapore del tè, i peli di gatto sul cappotto e le pentole di rame appese sopra la stufa. E' bello incontrarla, trasmette un senso di adeguatezza, di calma interiore. Sembra non abbia mai sofferto e che sia stata preservata dallo smog, dalle metropolitane, dalla puzza della gente sull'autobus. Ha il suo orto, la sua terra, i suoi alberi, la sua isola in cucina. Quando si pensa a lei la si vede con una teiera fumante in mano, appoggiata al lavandino del suo piccolo regno in rame, legno e piastrelle.
Ma quando la notte poggia la testa sul cuscino, cosa sogna?
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tisdag, februari 28, 2006

«Venne il momento in cui la sofferenza altrui non li sfamò più: ne pretesero lo spettacolo»

Mi dicono da un po' di tempo che dovrei assolutamente leggere i suoi libri. Che mi troverei in sintonia con lei e che, pur essendo belga, ci capiremmo al volo per quel je n'sais pas quoi. E poi scriviamo entrambe di mattina, siamo un po' strane al primo impatto, non siamo da passerella per quanto riguarda la bellezza ma siamo dotate di una gran testa (così dicono).
Dicono che se iniziassi a mettere dei cappelli curiosi probabilmente riuscirei a scrivere più copiosamente, proprio come lei.
Nessuno però si è degnato finora di regalarmi un suo libro...
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onsdag, januari 11, 2006

Wheeeeee!
Buon anno.

A proposito di colazioni e sole.
E' piuttosto curioso come osservare alcune persone la mattina presto condizioni la psiche umana. La sera prima magari sei una sorta di Harry Klein furioso perchè non capisci cosa sta farfugliando Derrick, pensi mentre cammini sulla neve alle incisioni che potrebbero mettere sulla tua lapide tanto fa freddo (una cosa come "non morì in patria, poichè non ne aveva una effettiva, ma magari poteva decedere altrove e non qui") e vorresti macchiarti dei più cruenti omicidi, ma la mattina dopo ti ritrovi davanti certe scene così deliziose che tutto diventa nuovo e le gambe rischiano di cedere all'entrata della Fruhstuckzimmer (o Buffet-Raum, non ho ancora capito bene).

Dimentichi tutte le notti che hai sognato Venezia senza senso.
Slalom tra turisti, forse americani.
L'odore del caffè crucco non ha paragoni, c'è poco da fare.

Una cosa che già avevo notato è come, appunto, alcune persone vengano colpite da grazia speciale, innovativa e considerevole quando fanno colazione, illuminate in faccia dal sole mattutino. Non importa chi siano o perchè siano lì, ma in quel momento tutto galleggia. Persino masticare diventa per certi individui una questione di stile, mascella ben salda e sorrisi trattenuti. Lo sguardo alzato dalla tazza di caffè che colpisce direttamente il cuore, tanto che ci si dovrebbe tenere alla sedia.

"Forse mi ucciderà così. Sorridendo"

Tutto torna viscido e acquoso come un tempo, ma questa volta le cose sono differenti. C'è una replica generale e condivisa al "roger roger", anche se è condita da racconti su Speer o il dadaismo, da sghignazzate o frasi raggelanti buttate lì ai pesci.
Va bene.
Si china la testa, ma in modo diverso.
Ci si domanda perchè il fiume debba scorrere in direzioni così nuove, ma ci si siede sul posto del passeggero e si guarda fuori dal finestrino un po' à la Johansson, lasciando i famosi capelli sciolti e ormai lunghi sulla schiena, a disposizione di mani che, a quanto pare, non possono stare lontane da essi ma dal volante sì.

Tu sei la mia Berlino

Quando si arriva al fondo del tubetto cosa succede?
Grattiamo intanto il fondo e cancelliamo il passato, ormai ammuffito e vecchio: certi fantasmi vorrebbero che scrivessi loro un'email, ma sarebbe così nostalgica e triste da sembrare falsa. E non si vivono tre anni di ricordi per poi sembrare falsi alla prima occasione.
Salto questo giro.
Basta, signori.
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onsdag, december 07, 2005

E' la stessa sensazione che si prova quando ti prendono per il bavero della giacca e ti attaccano al muro per picchiarti o raschiarti l'anima con un cucchiaino, come se fosse un budino Valsoia.
La solita, conosciutissima melodia.
E chi ama la parola sterminio tra puff gialli e bicchierini alcoolici.
Un abbraccio sulle scale può valere la vendita di tutta un'identità?
Come si fa a stabilire una scaletta? Chi è più in alto?

"E' giusto dare conforto alle ragazzine silenziose. Anche quando sono grandi"
Fai presto a parlare.

Dove sono finite le notti azzurrine, i viaggi in bus estivi o le scarpinate notturne lunghissime e solitarie, fatte per non pensare?
Dove sono le riviste anni '80 con Chiambretti in copertina, gli alberghi di Milano con le tapparelle rotte e i lepeghi locali che regalerebbero la nonna per una magliettina verde?

[Canzoncina demenziale messa giù con Cla a lezione di Geografia Umana:
"Wake up, Donnie. Oh, Donnie, sveglia! Segui Frank.
Frank, Frank. No no no no.
Suona la tromba.
Sam, sei con Frank?
Impariamo 'ste maiuscole.
Grafica oscena. Ah, che belle parole.
E' un nazista, na na.
Na.
A - N -A - N - A -S!
Nazionalsocialista stinfio senza nazione.
Fascia al braccio e tanta solitudine.
Aiutatelo, perche noi sappiamo. E voi no.
Io non ci sto.
No no no.
Derrick sa sempre cosa fare, SiSka anche. Che paura!
Coro: Pauura, pauuura!
L'abitudine della parola. Della paura. Boh.
Non si può, no no no.
Labbra nere e sguardo feroce, sì.
L'ignoranza v'è degna
E i sorcini dicono No!"

(questa è la prova che dare penna e foglio a due poco di buono non conviene)]

Quando si torna reduci da una guerra, così dicono, a volte si ricordano più delle piccolezze che tutta la situazione.
Lo stesso discorso vale per il profumo dei carnefici, così dannatamente buono e ossessionante?

Signori, abbiamo capito la sindrome di Stoccolma.
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tisdag, november 29, 2005

Si fanno degli incontri ben strani. Sono quelli che nascono per caso, quelli improvvisati, quelli sui quali non fai nessun progetto perchè, in teoria, durano l'arco di una giornata e poi tutti amici come prima. Ma c'è la pratica, insieme alla teoria. E in questa pratica un curioso individuo ti fa capire che ci sono delle ombre lì dentro, da qualche parte, che dovresti non conoscere. O meglio: non dovrebbero esistere. Lasciare spazio ai dubbi e alle domande può essere doloroso, soprattutto sotto la supervisione di qualcuno con capelli color miele e occhi d'un azzurro raggelante che ti fissa ed è come se ti dicesse in loop:
"Te l'avevo detto, cara mia, vedrai che mi darai ragione alle lunghe. Ormai sei in trappola"
O no?

Quella leggera nausea. Il vento negli occhi e tutto intorno il mondo sfocato. Un freddo interno, quel tremolìo della gamba o una fascia da braccio che spunta sul tavolino, furtivamente. Le poltroncine arancioni e l'ironia di chi non prova pietà o sentimenti. Due dischi regalati come se fossero noccioline, alcuni libri spietati in prestito o il sorrisetto compiaciuto di chi riesce a lasciare gli altri senza risposte mentre sorseggia un caffè. Le nocche bianchissime, le giacchette da mod, i maglioni morbidi. E quell'odio sottile, costruito e assemblato in chissà quante notti insonni, da vendere a buon mercato.

Possono i carnefici avere un buon profumo?

She's not so special so look what you've done, boy
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onsdag, november 23, 2005

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måndag, oktober 10, 2005

Dis mademoiselle, dis moi comment tu t'appelles
Moi mon p'tit nom c'est Louis
Au plafond de ma chambre j'ai peint des étoiles
Le ciel, la pièce ça l'agrandit

Dans un coin de ma chambre j'ai mis la Tour Eiffel
Pourquoi si tu veux je te dis
Chaque fois qu'il quitte mon île
J'entends à plus tard crocodile
Each time she crosses the river
J'entends... See you later alligator
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lördag, augusti 27, 2005

Scrivo con l'intenzione di fare un post semplicemente standard e lungo, di quelli che leggereste sulle pagine di qualche blogstar annuendo interessati. Ecco, io vi scrivo con una tastiera nuova (pagata 19 euro) e mi devo ancora abituare, perchè ha tasti più moderni, che fanno meno rumore, e di un altro colore (nero) rispetto alla tastiera precedente (grigio topo).
Scrivere non è mai stato così difficile, in più ho ancora le braccia tremolanti a causa dei miei soliti blitz alla Coop, certo non nuovi per chi mi segue dai tempi di Splinder.

Ma facciamo un po' di ordine. Siamo al termine di un agosto piovoso, i fratelli Gallagher cantano "I lost my faith in the summertime cos it don't stop raining" mentre io avrei detto il contrario: sono stata colta da una nostalgia bizzarra per i docks londinesi sotto la pioggia, proprio mentre scopro che Brett Anderson è un invito violento e criminale a diventare una fan isterica di 13 anni.

Per ora comunque ci si accontenta di una Genova malata e grigia, diventata la Santa Fe de Bogotá d'Italia con la più alta concentrazione di criminalità proprio nel mio quartiere (o almeno così mi sembra). Se una volta il centro storico era appunto storicamente il centro dei ceffi, ora quel pezzo di mondo chiamato Dinegro¹ è diventato il club per eccellenza di rozzi buzzurri, lepeghi, zozzoni e compagnia bella. Inutile aggiungere che il quartier generale di tali individui è proprio il Terminal Traghetti/Coop, dove vado a fare spesso la spesa io.

In questo luogo di perdizione all'entrata troverete gruppetti sparsi di uomini che fischiano dietro
a chiunque, fanno commenti ben poco da gentlemen a tutte le ragazze/donne che passano sotto i loro occhi (inclusa me e una che era il doppio di me fasciata in osceni pantaloni azzurri) e fanno gli agguati a chi va a fare un bancomat. Tutto ciò ovviamente lo notano solo gli indigeni, mentre i turisti che aspettano il traghetto vagano sorridenti e si piazzano, camminando al rallentatore, davanti a chi è schiacciato dai borsoni della spesa (vedi: io). Notare come preferibilmente siano famiglie di quattro/cinque membri, con madre e figlia con lo stesso colore di maglietta e padre occhialuto con maglietta a strisce.

In preparazione al ritorno di mamele oggi quindi mi è toccata questa superspesa: l'aftercassa² è stato riempito da pensieri di morte degni del migliore Woody Allen, mentre:
-una tardona (abbronzata/tinta di biondo/con canottiera bianca) con figliola passa smanettando e mostrando al mondo gli strappi - out da vent'anni- dei jeans sul fondoschiena
-un bambino (a momenti pronto per il militare, ma pur sempre un bambino) urla e piange³
-il guardiano beve un caffè guardando male me
-una madre e figlia della famigliola standard turista descritta sopra sculettano in sintonia con t-shirt uguale arancione.

Una volta uscita da questo luogo di divertimento sento che la mia vita è agli sgoccioli, poichè tra
zaino e borse credo si trattasse di una trentina di chili se non di più. Piove sui miei occhiali. Il marciapiede è così pulito che devo camminare a zig-zag.
Giungo al semaforo sbuffando, probabilmente viola in faccia e con un dolore lancinante alla schiena, quando vedo un furgoncino VW.

Inchiniamoci.

Un raggio di sole immaginario si posa sul mio sguardo.
E' un magnifico VW rosso, perfetto, con alla guida un signore che probabilmente è lo stesso che pochi giorni fa ho visto in giro con la maglietta "Brian Wilson - Smile".
E per un attimo, per un meraviglioso attimo, tutto il resto non esiste più.
Ma come tutte le cose belle, anche questo momento deve finire, e scatta il verde.
Arrivederci, piccolo, splendente VW.

Arrivata alla piattaforma del fatidico bus 340 si notano:
-tutte le bande stile Bronx anni '80 che passano senza guardare in faccia nessuno e con le "braghe" praticamente calate
-un vecchietto piegato in due, secco e col giornale in mano. Se continuo a portare questi pesi
diventerò anch'io così, ma a trent'anni. (Pure secca, se è vero quanto mi venne profetizzato, ovvero che a ventiquattro anni diventerò magretta)
-una macchina posteggiata ha la targa che io leggo subito come "620 mega bytes" invece di 620 MB (segno che dovrei stare meno al computer)
-un nerd sputato, un po' in là con gli anni (come va, compare?)

Chiusa la parentesi pietosa sul fantastico mondo della spesa. Torniamo a noi.

Grazie al forum di OndaRock nelle ultime due settimane ho riscoperto il piacere di ascoltare musica in modo un po' più approfondito. Ultimamente ero fossilizzata su pochi gruppi e non avevo voglia di scoprire nuovi nomi o, meglio, di dare più credito a nomi conosciuti e rispettati (da me, s'intende). Così ora il mio piccolo iPod, prima un po' in crisi, sta per finire lo spazio disponibile, e mi troverò costretta a togliere qualcuno.

Ora quando cammino per le strade genovesi posso accompagnarmi con Suede, Supergrass, The Van Pelt, Pulp, Adorable e compagnia bella (trovate l'elenco qui a destra, più o meno). Insomma, alla fine sin dai tempi dei Kula Shaker sono stata una brit-poppettara con parentesi di altro genere, c'è poco da fare. In più segnalo a chi non li conoscesse i piemontesi Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo: forse a tratti sono un po' intellettualoidi e in ogni caso per niente britpop, ma molto indicati per questo autunno alle porte.

Bene. Ci si prepara per tornare on the road, tra citazioni come "Adoro il mio pavimento!" e un piccolo training autogeno che mi farà superare brillantemente l'inverno.

Credits di fine agosto:
grazie a Papalla per la cartolina che mi ha fatto sorridere di cuore
grazie alla Pittu (Amèlie) per avermi sopportata quando le strillavo sul muso perchè giocava con la mia pelle
grazie a Jaja che mi ha supportata nel momento tragico di ieri sui diritti d'autore
grazie a Supernova per le belle ore passate insieme mercoledì
grazie a Cla e a Bilba per il sostegno perpetuo
grazie allo zio Gil perchè mi ha ricordato che possono esistere anche le note in un post
grazie a me stessa, perchè in fondo mi intrattengo bene

Note:
¹tra Principe e Sampierdarena, per chi conosce un pochino la città. In foto: Dinegro d'altri tempi, ma non è cambiata molto
²dopo la cassa mi poggio sempre sul tavolo a disposizione per infilare il tutto in zaino e borsoni, quando non ci è seduto sopra qualche bambino
³naturalmente seduto sul tavolo di cui sopra
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onsdag, augusti 17, 2005

Mattinata psichedelica - la vera storia

Posta
notte insonne
gay musicista di mezza età con foulard bianco e capelli tinti di nero
lui: ma c'ero io
dubh: il numero? il biglietto?
lui: io di notte lavoro, mica come voi, per una volta al mese che esco la mattina dovreste capirmi
dubh: oh beh, io non ho proprio dormito
lui: ma che stronza
dubh: bah
lui: sì sì, una stronza lesbica (indica la spillina arcobaleno sulla mia borsa)
la donnina del banco della posta ridacchia, poi si tira un po' di più la maglietta per coprire il seno
dubh: ma smettila, avevo l'a010, è il mio turno, non sono io che lo dico, è il biglietto
lui (ribadisce): sì, ma io sono un musicista
dubh: e quindi?
lui: lavoro di notte, potreste anche capire, voi lavorate di giorno, io no
dubh: io veramente non tocco letto da due giorni
lui: eh, ora
dubh: sì, e il biglietto è mio, ho seguito il numero
il musicista ha una borsa di "no martini, no party" arancione

Strada
vedo gli oggetti e le auto per strada e tutto mi sembra incluso in due parentesi quadre bianche, come nel gioco Deus Ex
d'altra parte dopo ore di tale gioco credo sia normale
l'importante è non prendere a colpi di piede di porco gli alleati
gli alleati nel gioco hanno il mirino verde
i nemici quello rosso
nel gioco puoi uccidere gli alleati per divertimento, però poi i capi della tua federazione fanno rapporto
ma questa è una realtà da ventenne insonne
forse ho bisogno di dormire.

Coop traghetti
troppa gente già alle 9 am
valigioni, borsoni, ruote e bambini
l'erboristeria per l'hennè chiusa, accidenti, ma d'altra parte in quel negozio le donnine non sanno nulla di hennè di sicuro, devo andare dalla mia guru
poca gente alla coop supermercato
tutti alla macchinetta del caffè
ancora aria pulita del mattino
spesa priva di zuccheri
tè, yoghurt, pepsi- tutto light
pane integrale frutta e verdura
che noia
cassiere che hanno più sonno di me
dopo aver lasciato il carrello un uomo brutto ma non lepego:
"bella trombata"mi dice passando
ma che volgarità,
mi dico io

Capolinea 340
mi si impallano gli occhi sul marciapiede già luminoso
le megere salgono con me sul pullmino
"ciao bella", dicono ironiche
"salve", rispondo laconica
durante il viaggio una che fa la giovincella ma avrà 70 anni mi chiede il posto
poi si redime vedendo lo zaino pieno di bottiglie e borsone

Casa
finalmente
apro la porta di casa con una borsa in testa
la pittu mi accoglie
grazie pittu
e ora, forse,
dovrei dormire un po'.

(scritto apposta senza correzioni o aggiunte, voglio vedere quando sarò più sveglia cosa sono in grado di scrivere sotto delirio da insonnia prolungata)
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fredag, augusti 12, 2005

Perché suor Margaret non avrebbe dovuto morire.
Ed invece sotto quei portici riposa stesa, perché l’hanno ammazzata.
“Porterebbe vergogna nella nostra Santa Casa”.
E quindi suor Margaret è morta.
Ma padre Johnwest non riusce ad accettare quest’omicidio.
L’ha commesso lui, col tacito accordo degli altri.
“Suor Margaret non può continuare così”
A quella debolezza una cura c’era, ma era troppo impegnativa.
Meglio rimediare subito.
Così padre Johnwest ora guarda il cadavere di suor Margaret.
Non una lacrima.
Lui è un uomo di Dio, non piange certo per un’anima defunta.
“Portate il corpo dentro la tomba della Santa Casa”.
Suor Margaret ha gli occhi chiusi, ormai è altrove.
“Beata lei”, pensa Ed mentre solleva la barella.

La tomba della Santa Casa è soprattutto grigia.
All’interno qualche targa commemorativa.
Un tavolino da pic-nic.
Una sedia bianca con lo schienale di tela.
Padre Johnwest guarda Ed portare la salma di suor Margaret all’interno della tomba.
“Dov’è l’acquasanta?”
E trova un misurino, un po' sporco, nel quale versa l’acquasanta.
Quella poca rimasta dentro la bottiglietta.
Vicino ad essa un’altra bottiglietta, più grande e piatta.
Nera come l’inchiostro.
Ecco cosa beveva suor Margaret.
Padre Johnwest entra nella tomba della Santa Casa.
Suor Margaret è stesa in un angolo, sembra stia dormendo dopo una lunga giornata di lavoro.
C’è odore di pulito.
Ah, la fine di tutto, all’aroma di polvere.

Padre Johnwest si siede davanti al tavolino.
Butta il misurino con l’acquasanta dentro una conca appesa ad una delle targhe.
“Non c’è niente di più sincero di un buon bicchiere in compagnia”
Stappa la bottiglietta nera.
L’odore dell’alcool arriva beffardo alle sue narici.
Così vivo!
Toglie un po’ di polvere dalla bottiglietta.
Beve un sorso.
Inizia a parlare.
Racconta a suor Margaret tutte le paure e le ansie della sua lunga e tristissima vita.
Beve ancora.
Piange.
Beve.
Parla.
Piange.
Parla.
Beve.
Piange.
E suor Margaret lo ascolta paziente.
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måndag, augusti 01, 2005


"Finì tutto quella notte in albergo, quando nulla accadde perché non avrebbe più potuto rivelarsi. Vi ho amata per tutti questi lunghi, dolorosi anni. Mesi e giorni di terribile strazio senza versare una lacrima; solo una lunghissima, interminabile fitta al cuore e lo stomaco serrato perché vi avevo perduta per sempre. E voi, tenera giovane, siete tornata, come un giglio in un giorno di sole.
Sbocciata in un sorriso estivo mi avete parlato degli uomini che vi hanno fatta innamorare, dei vostri progetti, del vostro futuro. Muovevate l’ombrellino dentro il bicchiere in modo distratto. E io sorridevo con voi, mentre nell’animo qualcuno piangeva, ricordando pomeriggi di pioggia dentro luoghi macilenti e mattinate invernali illuminate dai vostri occhi, sempre così tristi.
Qual era l’enigma dietro le vostre pupille?

E’ così piccola quella figura in un angolo buio, illuminata solo da un lampione acceso in strada.
Tiro giù la tenda.
Odore di polvere.

Poggio le mani sulla cartellina dove ho riposto i vostri disegni.
L’avete disegnata come io l’avevo immaginata.
Piccolo miracolo delle nostre piccole menti contorte.

Le vostre unghie ogni tanto le riconosco sulle mani di donne estranee, sugli autobus, in un supermercato, ad un concerto.

Il vostro profumo è ovunque. Mi regalarono lo stesso profumo un anno dopo. Volevo scagliarlo contro di voi, ma voi non eravate lì.
Andrete per il mondo ancora a lungo, mentre qui per anni mi sono rigirata insonne in un buio nel quale mostri immaginari mi urlavano in faccia il mio fallimento.

Io vi lascio questa maledizione: non saprete mai di essere stata amata così, senza condizioni, con l’angoscia nel cuore".

E ora, regalatemi il silenzio.
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fredag, juli 29, 2005

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fredag, juli 15, 2005

Su un autobus qualsiasi.
"Un'altra giornata tremenda". Guarda del vetro il traffico che si muove come un formichiere in piena attività. Si sente gli occhi gonfi, quasi neri. Occhiaie, borse, il bianco che diventa rosso. La sua faccia è pallida, malsana. Non sa dove andrà a dormire, ma non è così importante, qualcuno che la ospiterà c'è sicuramente.

Con la schiena appoggiata ad un palazzo qualsiasi.
"Non è il caso di rivedersi". Legge ancora il messaggio sul cellulare, sperando che da un momento all'altro cambi il numero del mittente. Rimane sempre lo stesso. Accidenti. Dentro la sua testa continua a ripetere martellante la frase. La sente come se glielo stesse dicendo di persona.

"Non è il caso di rivedersi"
"Non è il caso di rivedersi"
"Non è il caso di rivedersi"

Anche grammaticalmente non le piace come frase, suona male. Dire una cosa così importante meriterebbe una certa attenzione. Ma è tipico da parte sua non pensarci troppo.

Su un altro autobus qualsiasi.
"Quella è la donna della mia vita". La vede attraverso il vetro di un bus fermo al semaforo, verso sera. Non la conosce, non l'ha mai vista prima, ma per un minuto diventa la donna della sua vita. Una luce intensa negli occhi, un viso grazioso (anche se non particolarmente bello), i dreadlocks biondi e lunghi. E' meravigliosa. E continua a camminare sul marciapiede, diretta verso dove, quando l'autobus riparte.

E in questo periodo quasi tutti hanno la pelle dorata come un pollo allo spiedo che gira in una rosticceria.


"L'importante è non illudersi più che esista realmente l'amicizia". Non l'ha fatto. Per anni ha diffidato dell'amicizia, non ha creato illusioni in sé o negli altri e tutto è andato bene. Ha abbassato la guardia solo una volta ed è stato sufficiente per inciampare in un pozzo abbandonato per il resto della sua vita.
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söndag, juli 10, 2005












"Ho conosciuto anche l'assessore"

Chi ha parlato?

Ciglia dritte, lunghe; anello e orologio color oro.
Ha il bastone.
Ottant'anni.
Mezzanotte.

E' seduto alla fermata della metropolitana, preoccupato perchè ha dimenticato il libretto degli orari a casa.

"Sono stato a questa festa, sa, organizzata dalla lega del cane".
Ridacchia stanco. Porta gli occhiali da sole.

"Abbiamo ballato. Non sembra, con questo bastone, ma ho fatto otto o nove balli", dice soddisfatto. Porta una mano vicina alla bocca, come se stesse svelando un grande segreto che gli altri seduti sulle pachine non devono udire.
"Ho conosciuto delle belle signore". Sorride. E' davvero stanco.

Una festa di liscio organizzata dalla lega del cane.

"Se non facessimo queste cose rimarremmo completamente soli".
O a parlare con una sconosciuta seduti alla fermata della metropolitana a mezzanotte.
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torsdag, juli 07, 2005

Ci sono troppe persone, l'aria è calda, il condizionatore non funziona. Non vede chi è vicino a lui in quel momento. Occhi socchiusi ovunque. Puzza di alcool.Un giornale per terra, forse due.
Menti sporgenti.
Ci sono dei sedili, ma non si capisce di quale colore siano.
Sporcizia.

Un piccolo cosmo.

Lava, pioggia. Ed infine corre fuori da quel cosmo, si lava le mani sotto la pioggia.
Lava. Pioggia.
Non smettere mai di cadere. Inginocchiati, stringi gli occhi, ferisci le tue mani per capire. Le tue scarpe sono bagnate.

("Cosa pensavi che fosse?")

E' bello il tuo maglione. Hai un nuovo profumo addosso?
Fa tanto male quella mano?

Ora l'atmosfera è di nuovo calda, ma molto diversa. Da piccolo temevi che quel pavimento ti avrebbe riempito i piedi di schegge. Da quei tempi non sei cambiato poi tanto, vero?
Hai sempre terrore del dolore, poggi una mano sulla fronte come una diva e ti ritiri nelle tue stanze, in jeans e pantofole.

Almeno ora le mani mentre stringono il bicchiere sono riscaldate.
Mani bianchissime, nocche sporgenti.
Adoravano i tuoi polsi, vero?

Ricordi sempre quel nome?
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söndag, juli 03, 2005



Tavolate di festa estiva nel cortile. Lui è seduto a capotavola, ha le guance rosse, una bocca particolare. In dieci ascoltano senza fiatare ciò che ha da dire

(Siamo alla fine. Abbiamo la sabbia tra le dita dei piedi)

E’ vestito di bianco. Capelli color sabbia mossi dal vento. Sembra uscito da qualche luogo blu, marino. Gli occhi hanno il riflesso scuro dell’oceano, ma non sembrano nascondere un’anima, sono vuoti. Ha uno scopo ben preciso, non ha nulla a che fare con chi lo circonda. Si alza e percorre una discesa grigia alla luce dei falò.


Intorno a lui altri numeri. Non vuole diventare una loro vittima.

Apre la bocca. Dice qualcosa, ma nessuno capisce. Storce un labbro (rosso…è proprio rosso), sputa a terra e si allontana disgustato.

Le musichette che passano alla radio distraggono chi rimane.

(Ain’t hard, ain’t hard, to want somebody who doesn’t want you)

Il cielo è riempito da nuvole blu. E’ tutto di nuovo blu. Qualcuno ha macchiato di vino la tovaglia bianca, mentre la sua figura, bianca e dorata, si dirige verso il mare.

(Abbiamo provato questo nuovo cibo, ma è troppo salato)

I giorni scivolosi sono finiti in una cantina mediterranea, insieme a ricordi autunnali, camere d’albergo piene di bottiglie e cuscini troppo duri.
La tappezzeria delle camere era orribile.

(Ti ha massaggiato il collo l’unica sera nella quale siete rimasti insieme, ricordi?)

L’hai sbattuto fuori dalla camera perché dovevi parlare al telefono.
Anni gettati alle ortiche per parlare con un fantasma fasullo. Eppure lui è tornato in camera con un fiore bianco per te, raccolto dall’aiuola dell’albergo.

Ora i capelli color sabbia non li vedrai più, l’oceano sarcastico è svanito lunga una strada di periferia con una bottiglia di rhum.

Ti volterai per cercarlo o riderai?
Erano troppo rosse le sue labbra?
Detestavi la sua giacca bianca?


Tremava, quando piangeva. Anche questo hai dimenticato?
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torsdag, juni 30, 2005


Parte I
"Ma quello è un acquario?"

Mutter guarda verso la parte nell'angolo che le indico e spalanca gli occhi. Non l'aveva visto. Un acquario con l'acqua non marrone, ma nera tanto è sporca. Annuisce e mi dice "Sì, e ci sono anche due pesci dentro".
Orrore.

Stringo i braccioli della sedia. La sala d'aspetto è ben curata, con l'aria condizionata e quattro graziose sedie con cuscini, confortevoli. Il parquet ben tenuto. Alle pareti alcuni quadri; quello davanti a me raffigura due strane sedie un po' futuriste che sembrano quelle elettriche usate un
tempo per le esecuzioni. E poi, in quell'acquario, i poveri pesci che nuotano in una sorta di melma.

Ad una delle pareti, ironico, un quadretto sull'igiene orale.


Se l'igiene dei suoi pesci è questa, i suoi attrezzi da dentista come saranno?

Mi alzo dalla sedia. Mutter fa lo stesso. La segretaria non c'è, non possiamo dirle che l'appuntamento è improvvisamente saltato. Chissà come mai. Apro la porta dello studio di corsa.

Fuga dal dentista.


Parte II
Sedute su una panchina bianca di plastica, mangiamo con le chiome al vento una granita, a quanto pare genuina, fatta tradizionalmente con VERO succo di limone. Passano in quattro davanti a noi, due entrano in un negozio. Rimangono lei e lui. Lei scoppia a piangere.

(Oh, poverina)
Lui fa finta di niente.
(Asciuga le lacrime, cara, nessuno di loro potrà mai capire, lascia perdere).

Passa in modo brusco una mano sugli occhi, ma quando tornano gli altri due si capisce ancora chiaramente che lei ha pianto.Tutti fanno finta di non vedere, riprendono a camminare.E' con tre individui, ma in realtà è sola.


Parte III
L'aria è umidissima, ma si sta alzando il vento. Dalle colonne di via Cantore io inizio come al solito a sentirmi cattiva con chiunque sia sul marciapiede. Altri lui-lei seduti sul gradino di BlockBuster. Entrambi portano i famosi braccialetti plasticosi, uno nero e uno rosa.

Lui è un buzzurro. Lei è una buzzurra.

Salgono sul bus con noi. Lui, oltre che essere buzzurro, ha le mutande bianche completamente esposte, e visibilmente sporche. Sono quelle cose che ti fanno arrivare a casa con la premura di disinfettarti le mani perchè eri nello stesso metro quadrato.

Non erano neanche mutande CK.

Intanto, in Spagna la grande famiglia gaia ora può sposarsi e adottare piccini. Viva Zapatero!
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La luce della sala conferenze mette in chiaro il volto di Alex. E’ perfetto.
Bette si sente svenire.

(Oh, idiota, non ora)

Prevede già le notti insonni che verranno, e lei aspetta solo quelle, basta che questa giornata finisca.
Si sente la febbre.

Alex si siede barcollando su una sedia di plastica marrone, evita lo sguardo di Bette. Ha l’aria colpevole.

(Assassina! Non hai ucciso un corpo, bensì un’anima! Assassina!)

Le amiche di Bette, i chiodi, i numeri, chiacchierano allegre. Non possono nemmeno immaginare cosa stia accadendo.

Alex accoltella svariate volte l’anima Bette.
Alex, in effetti, accoltella Bette.
Ancora una volta.
Ancora una volta.

Suda, ma non si vede. Arrossisce. Detesta arrossire in pubblico. Vuole uscire di lì.

Bette si avvicina a lei, tremando. Ha in mano un ombrello.
“Ci sono dei bei locali brasiliani da queste parti. Andiamo via?”
“Sì”

Bette salva Alex.
Alex salva Bette.

Sedute ad un bancone rosso ordinano da bere. Bette non sa cosa dire, ma Alex sembra non voler riempire il vuoto con idiozie, come faceva un tempo. Si muove sulla sedia, raddrizza la schiena.

(La tua mano sul mio kundalini. Sentii bruciare quel punto per tre giorni).

Alex sta per dire qualcosa d’importante, dopo due anni. Prende fiato.

Bette si sveglia. Occhi asciutti. Deve lavare i piatti prima di mezzogiorno.
Sarà una giornata difficile.
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